Non dovete essere dei trasportatori, o militi della Croce Bianca, ma dei soccorritori. Non dovete essere dei semplici infermieri, ma dei confortatori.
Siate buoni, pazienti, amorevoli con tutti. Il dolore è universale: non ha leggi e non ha classi sociali. Ma quando al dolore si aggiungono la miseria, l’abbandono e l’isolamento, allora il dolore si trasforma in disperazione. Ebbene: quanto più grande è la miseria, tanto maggiore deve essere la vostra pietà.
Soccorrete ai naufraghi della vita, agli sperduti, ai derelitti, con animo di fratelli. E sorridete. E magari piangete. Ed abbiate una buona parola per tutti. E soffocate il ribrezzo davanti a spettacoli miserevoli e ripugnanti. Fate che il disgraziato del tugurio pestilenziale, che ha la camicia sudicia e non ha lenzuola né letto, ma un giaciglio ricco di fauna migratoria, fate che non si accorga della vostra repulsione istintiva. Ditegli che non è più solo poiché ci siete voi. E soccorretelo e confortatelo e coricate anche lui amorevolmente nel candido lettino. Fategli sentire il tepore dell’amore fraterno. I suoi occhi lucidi di febbre, si illumineranno di luce nuova: e il moribondo vi benedirà mentre sta per addormentarsi per sempre.
E anche le mamme vi benediranno ed i figlioli.
Ecco militi della Croce Bianca il vostro atto di fede.
Ecco il vostro orgoglio e la vostra gioia: intimi, profondi, incommensurabili, l’uno e l’altra.
Anche il dolore, come l’amore, ha la sua poesia e la sua bellezza.
Brescia, 1922